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Abbiamo l’ora legale e un inizio di primavera, qualche nuova speranzella che va a sommarsi a quelle più resistenti del passato e la voglia di non smettere.
Dopo tre mesi a dir poco concitati le mie giornate stanno tornando a un ritmo quasi normale. Io ho sempre mille progetti nuovi in testa, alcuni restano lì, altri passano su qualche foglietto sparso, altri ancora prendono timidamente vita. L’ennesimo grazie a chi mi sta inviando i suoi commenti su Heartland, mi fa sempre molto piacere quando vi prendete la briga di raccontarmi che effetto vi fanno le canzoni e i testi che ho raccolto nel libro. Vi racconto gli aggiornamenti.
Ascolta il live @ Radio Popolare
Il live con intervista dall’Auditorium Demetrio Stratos si può ascoltare online.
Qui la scaletta:
Lettera a C.
Dove sei tu
Meno di pochissimo
Io che vado a fondo
Roma Raccordo Anulare
Tutto Questo Blu
Elegia per la Strada del Tuono
Più forte di me
Dove va l'amore?
Dalla stampa
Nelle ultime settimane sono uscite due interviste.
Qui con Stefano Bartolotta per indie-roccia.it:
Per quanto riguarda i testi, nel mio articolo ho sottolineato quanto possa essere diversa la loro percezione se li si legge semplicemente o se li si pone nel contesto del disco. In particolare, leggendoli potrebbero sembrare pieni di negatività, mentre ascoltando le canzoni si percepisce un forte spirito catartico. Sei d’accordo?
Sono d’accordo, sì. Innanzitutto, i testi delle canzoni non vanno confusi con la poesia, che basta a se stessa. Invece il testo di una canzone non può essere tolto dal suo ambiente, dalla musica, dalla melodia, dal modo in cui il cantante lo canta, sono tutti elementi che ne compongono una parte necessaria. La mia è sempre stata una musica di rivolta. Ho sempre cantato delle difficoltà della vita ma sempre con uno spirito che spinge a non arrendersi, a trovare un modo, a trovare una chiave per uscire dal buio. E Heartland non fa differenza. La domanda che mi pongo in alcune delle canzoni è: Come si fa a vivere dopo che tutto è crollato? E l’accento è sul vivere, non sulle macerie. Heartland è un disco pieno di vita.
E qui con Amalia Dell’Osso per RootsHighway
Il tracollo della “scena di mezzo”, quella tra chi inizia e quella del mainstream, è iniziato molto prima della pandemia. La logica della musica liquida dopata, la crisi dei piccoli locali, la fruizione frenetica e superficiale, non ho bisogno di aggiungere altro. Nonostante questo deserto, hai scelto di lanciare una campagna per finanziare il disco. Raccontami ciò che più temevi e ciò che più ti ha sorpreso, in te e nel tuo pubblico.
Anche questa scelta è stata frutto di una nuova fiducia. E i risultati mi hanno dato ragione. Ho raccontato molto di me sui social prima, durante e dopo la campagna, perché credo che per arrivare a stabilire un rapporto complesso con le persone sia necessario presentarsi in maniera complessa, quindi svelando anche le parti di sé di cui magari non andiamo particolarmente orgogliosi. E funziona. E sai perché? Perché siamo tutti molto soli, tutti circondati da una quantità di rapporti superficiali e di facciata o peggio di convenienza che quando poi arriva qualcuno e ci si offre per quello che è ci sembra di ritornare a respirare. Da questo punto di vista, il mio disco, come anche quelli precedenti, si muove proprio secondo una logica contraria alla superficialità della fruizione musicale. Quando stavamo decidendo quale fosse la scaletta migliore, alla fine abbiamo deciso di mettere Tutto questo blu come primo brano. Non la scelta più pop che avevamo, ma è stata una scelta voluta, come a dire: ecco qua, questo disco parla di queste cose e in questo modo. Se ti interessa, procedi pure nell’ascolto, altrimenti passa ad altro. E a me interessano gli ascoltatori che arrivano alla fine di Heartland.
Né in cielo né in terra
Stiamo fissando alcune date in solo in cui accanto alle canzoni di Heartland darò spazio anche al libro, leggendo e raccontando. A breve comunicheremo i primi appuntamenti. Poi da giugno ancora qualche concerto con tutta la banda.
Più forte di me
Quelle parole le giungevano come se fossero state impacchettate in sacchetti di cellophane da dove non potevano farle più alcun male. Ognuna di quelle parole trasportava un pezzetto dell’informazione generale, ma sembrava che scomponendolo nelle sue parti il messaggio perdesse impeto, significato e causasse meno dolore. Le consonanti perdevano la loro forza, le T, le R, le S non erano altro che il risultato del passaggio dell’aria tra le corde vocali di lui e dell’insistere della lingua ora sui denti, ora sul palato. Aria. Aria e muscoli. Spostamenti infinitesimali in grado di cambiare il mondo.
Lei aspettava da tempo quelle parole. Se le era ripetute in testa nei lunghi pomeriggi in ufficio in cui spesso finiva in un torpore inebetito di fronte allo schermo. Solo quando il monitor andava al nero perché inattivo da più di dieci minuti, tornava in sé, beveva un goccio d’acqua dalla bottiglietta che teneva accanto al tappetino del mouse e si sforzava di riprendere il lavoro.Ora, tornando con lo sguardo al polsino immacolato della camicia di lui, quel deserto bianco sembrò ingoiarla nuovamente, trasportandola in una dimensione parallela in cui lei era lì, a quel tavolo insieme a lui, e allo stesso tempo volava sui palazzi mentre il sole pallido balbettava la sua impotenza novembrina. Come ci erano finiti lì? Da quale altezza si erano lasciati cadere per sprofondare così in basso? Ma esisteva poi davvero quel così in basso?
Questo è l'inizio di uno dei racconti contenuti in Heartland, il libro uscito insieme al disco. Ne restano una ventina di copie, trovate tutto al link in basso, come sempre.
Grazie a Donato che viene ai miei concerti e mi regala delle bellissime Polaroid che poi finiscono sul mio frigorifero.
Vi lascio con una poesia di Cristina Campo da La tigre assenza, Adelphi:
Ora che capovolta è la clessidra,
che l’avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.
Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.
Ciao.
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Speranzelle primaverili
Ciao, a me sembra che nella pagina del sito di radiopop non ci sia la possibilità di ascoltare il live. Sbaglio?