L'uomo dai sì rovinati
I concerti di Novembre | L'uomo dai sì rovinati | In memoria di David Lenci | La mia ultima traduzione | La terza stesura è sempre la migliore
I concerti di novembre
Sono contentissimo di annunciarvi i miei prossimi impegni dal vivo – essermi riguadagnato in qualche modo la possibilità di andarmene in giro per il paese a suonare è una cosa di cui sono particolarmente grato, e lo tengo sempre a mente ogni volta che salgo su un palco.
Le prime due date saranno in Piemonte, in due posti uno più bello dell’altro: il Circolo della Musica di Rivoli (TO), dove proporrò il mio spettacolo su Nick Cave e passerò come sempre l’intera serata al pianoforte; e il Circolo dei Lettori di Novara, dove invece porterò in scena American Life: Carver/Springsteen – e per allora sapremo anche l’esito delle elezioni presidenziali americane.
Dopodiché ci saranno altre tre date del mio solo tour di Heartland. Sono passati quasi due anni da quando l’ho pubblicato, rompendo un silenzio durato poco più di dieci anni. Due anni in cui sono successe molte cose belle, ho suonato più di quanto mi aspettassi e le canzoni del disco hanno trovato una dimensione live ancora più netta. Anche se non sarà l’ultimo concerto dedicato a Heartland, mi piaceva l’idea di chiudere il cerchio di questo lavoro all’Arci Mondini, a Milano, mia città-madre. Dopo il concerto ci sarà un djset, potrete forse vedermi alla console o addirittura in pista a dimenarmi “come un cavallo”. La vita va onorata, soprattutto in un periodo durissimo e angosciante come questo. In alto i cuori.
Inizio alle 21, ingresso 10 euro + tessera Arci, biglietti in cassa.
Arci Mondini si trova in Via Freikofel 1, 20138 – Milano (MM3 fermata Rogoredo, Autobus Linea 77 fermata Via Monte Cengio / Via Freikofel, FS/AV/Passante ferroviario/Trenord fermata Rogoredo).
E infine chiuderò il mese di novembre con un altro piccolo giro in Campania: prima a Eboli (SA) e il giorno dopo sarò al Teatro Civico 14 di Caserta – non ne sono del tutto sicuro ma credo che sia la prima volta in cui avrò un teatro tutto per me, e a dir la verità sono piuttosto gasato.
L’uomo dai sì rovinati


Sto in un cantiere e mi fa da manovale un uomo della mia età, sotto i cinquanta. È un curdo, una volta scrittore, parla inglese. Sui cantieri si trovano uomini interessanti, sbattuti, di passaggio, marinai spiaggiati per sempre. È ferito a un occhio.
Com’è stato? La risposta è una mossa con la mano gettata dietro la spalla. Da noi vale per acqua passata, in curdo non so.
A mensa gli chiedo se vuole caffè, lui dice di no, io glielo do lo stesso dal mio thermos.
Un giorno mette fuori un foglio scritto in inglese. La polizia di un popolo che non voglio nominare lo imprigiona a regime di batoste. Gli si guastano gli occhi, uno si sana, l’altro no.
Occhi in inglese è “eyes”. Un errore di battitura sul foglio li trasforma in “yes”. Per le botte ha gli “yes” guasti. E l’errore è giusto, ha tutti i sì rovinati, di rado gliene tiro fuori qualcuno ammaccato in cambio di un’offerta di caffè, di una mano a impastare calce.
Le botte guastano i sì più degli occhi. Ci sono errori che contengono un’altra verità.
Il libro nella foto, da cui è tratto il brano qui sopra, l’ho letto l’altra sera – è breve, poco più di un centinaio di pagine. Me lo ha regalato Angelo, il presidente dell’Arci Pintupi domenica sera alla fine della mia serata per la rassegna Sintomi di Pace: era stato lo stesso Angelo l’estate scorsa a chiedermi se volessi partecipare con una serata di letture e canzoni sul tema della pace. Io ho accettato di buon grado. E durante la serata, Angelo è salito sul palco e ha letto un passo proprio da questo libro, che mi ha voluto regalare con tanto di dedica. Il libro è molto bello, sebbene a me la prosa immaginifica di De Luca a volte risulti un po’ eccessiva. E il brano che ho trascritto mi ha colpito molto, riflettendoci nei giorni scorsi sono arrivato alla conclusione che rispecchi piuttosto bene la condizione umana: è naturale ritrovarsi con i sì rovinati se ne abbiamo detti troppi e magari non ci hanno portato dove immaginavamo di arrivare. E allo stesso tempo è importante riuscire a ricominciare a dirli i sì, quando va fatto, altrimenti la vita se ne va e noi restiamo bloccati nei nostri no.


Comunque, il reading-concerto sul tema della pace mi è piaciuto molto, e anche i presenti hanno apprezzato, così ho pensato di replicarlo appena possibile – e se all’ascolto c’è qualcuno interessato si faccia pure avanti che ne parliamo.
In memoria di David Lenci

David è stato il primo professionista della musica a credere in me e nelle mie canzoni. Ed è stata un'incredibile fortuna lavorare con lui per il mio primo disco. In quei giorni trascorsi nel suo studio, siamo agli inizi degli anni 2000, mi ha insegnato una valanga di cose. Era un tipo tranquillo, divertente, dalla battuta sardonica sempre pronta. Un sorriso sghembo, a volte non capivi se ti stava prendendo per il culo o no. Abbiamo passato ore mentre registravamo e mixavamo il disco a parlare di altri dischi, a sentirli, a coglierne i dettagli e a capire come riprodurli e adattarli quando ne avevamo bisogno. Mi ha mostrato in che modo uno studio di registrazione può essere usato al meglio, senza rinunciare alla filosofia della registrazione live, in presa diretta, come si diceva una volta. La mia voce allora faceva piuttosto cagare e se lui non mi avesse convinto a doppiare ogni singola traccia di voce probabilmente il disco non avrebbe avuto lo stesso impatto emotivo.
Ci sentivamo ogni tanto, tempo fa voleva coinvolgermi in un suo progetto – stava componendo delle musiche e mi aveva chiesto di contribuire con le linee vocali e i testi in inglese, poi non se ne fece più nulla.
La notizia della sua scomparsa, così come in precedenza quella della chiusura del Red House, mi lascia una sensazione di vuoto, di spreco. David possedeva un talento raro, quello di capire profondamente la musica.
Addio David, e grazie. Le mie chitarre non suoneranno mai più così bene.
La mia ultima traduzione: Sonic Life di Thurston Moore
L’altra sera ho estratto dalla libreria i due libri più voluminosi che ho tradotto e ho avuto la conferma: il memoir di Thurston Moore li batte entrambi, con le sue 687 pagine totali. Prima dell’estate ho passato quasi ogni giorno per tre mesi a lavorarci e adesso che ce l’ho tra le mani fa un bell’effetto: il lavoro culturale a volte dà vita a un oggetto materiale che ben dimostra l’entità della fatica prodotta. Detto questo, vi informo con piacere che lo presenteremo da Germi, qui a Milano, insieme a Xabier Iriondo (chitarrista che non ha bisogno di presentazioni – se non lo conoscete, cercate su Google) e Alessandro Beretta, giornalista del Corriere della Sera. L’appuntamento è per martedì 19/11 alle ore 19, l’ingresso è gratuito, non so se sia necessario prenotate – nel dubbio controllate il sito di Germi.
La terza stesura è sempre la migliore
Nelle prime settimane di settembre ho terminato la terza stesura di un romanzo cui sto lavorando nei periodi liberi da più di due anni – mi sa che vi ho già raccontato qualcosa al riguardo. Questa terza stesura mi soddisfa quasi completamente e ha cominciato la sua odissea tra le scrivanie degli editor per vedere se esiste qualcuno abbastanza matto da pubblicarlo. Se succederà qualcosa, sarete senza dubbio i primi a saperlo.
Anche stavolta siamo arrivati alla fine. Grazie per l’attenzione, ci vediamo in giro con chi vorrà
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