Giocare col fuoco #5
Inno invernale alle piccole cose perdute
Un pupazzetto di Bart Simpson,
alto sì e no un paio di centimetri,
con lo skateboard appoggiato al fianco destro,
che mi ha osservato lavorare per anni mentre se ne stava
arrampicato sul dizionario di francese sulla mia scrivania.
Una forcina per capelli in osso marrone di mia nonna,
finita nella tasca destra dei miei pantaloni qualche giorno dopo il suo funerale,
mentre curiosavo con le lacrime agli occhi
nel portaoggetti sul comò della camera da letto.
Il guinzaglio del mio cane,
a maglie di metallo con un’impugnatura di finta pelle blu,
che per quattordici anni ci ha tenuti l’uno legato all’altra
nelle nostre passeggiate quotidiane.
Il tappo a corona della prima birra Samuel Adams
bevuta a New York nell’estate del 2007.
Una moneta da uno Yen con un foro quadrato al centro,
regalo di mio padre negli anni Ottanta
al ritorno da una tournée in Giappone.
Tutte queste piccole cose, adesso, sono perdute,
finite chissà dove, abbandonate, scomparse.
Ma non dimenticate.
Li vedo ancora i tre nidi di cicogna
abbarbicati sulle cime dei lampioni
alla periferia sud di Milano.
Percorrevamo quelle strade in mattini collosi
che silenziosamente strappavano pezzi di noi,
quando non volevamo altro che aggiungere, sommare, moltiplicare.
La città era la città.
Io con le mani sul volante
accostavo alla fermata della metropolitana.
Tu scendevi e prima di scomparire
ingoiata dalle scale mobili,
ti giravi
una,
due,
tre volte.
Io restavo lì a fissarti – fissavo il tuo riverbero
anche quando eri già completamente sparita.
Le ragazze
Le ragazze,
sedute attorno al tavolo della cucina,
bevono tè e caffè,
e discutono dei costumi che indosseranno
alla vicina festa di Carnevale.
Unghie laccate di rosso
battono sui piattini delle tazzine,
labbra brillanti di rossetto
baciano una sigaretta dopo l’altra,
ciglia di rimmel
smuovono l’aria impercettibilmente.
Fuori, il cielo è grigio latte.
Poi, improvviso come il sole riflesso sul muro
dal vetro di una finestra che viene aperta,
il discorso cambia,
i lineamenti si tirano
e gli sguardi si abbassano sul tavolo.
Perlomeno non ha la patente,
mi ha detto l’altro giorno,
così non può investirmi
se mi incontra per strada.