Giocare col fuoco #3
Ci abbracciammo come astici nella nassa
quell’unica estate in cui io timoroso
mi calai nelle acque grigie dell’Atlantico.
Quel giorno la marea salì improvvisa
e noi – abbandonati da soli sulla battigia presto vittima delle acque –
raccogliemmo in fretta le nostre cose per cercare riparo
sotto i pini qualche metro più in là.
Ora mi è chiaro che non abbiamo fatto quasi null’altro
che cercare riparo.
* * *
La spartizione della Polonia
Nel bar, dopo il funerale,
intrattengo il piccolo Piero,
raccontandogli di quando
ho conosciuto suo zio,
che non ho mai conosciuto.
Eravamo in Siberia, nel 1943,
dispersi nel cuore della steppa –
Sai cos’è la steppa?
Poi da lì arrivammo in Polonia a piedi,
la Polonia che durante la guerra era stata assalita
di qua e di là – la terza spartizione –,
ma questa è un’altra storia
che riguarda altri due miei amici,
Molotov e Von Ribbentrop, gli dico.
La coda per le condoglianze
esce dal portone della chiesa
e si allunga fin quasi al centro della piazza.
Poi dalla Polonia rocambolescamente
arrivammo a Trieste –
la città con la piazza sul mare più grande d’Europa –,
da dove ci imbarcammo per l’Africa.
Prima del nostro arrivo in Africa,
al tavolo accanto una donna comincia a piangere.
Le lacrime colano da sotto gli occhiali
con la montatura spessa.
Uno dei vecchi al bancone si gira verso di lei
e si avvicina.
Goditele queste lacrime, dice.
Queste lacrime sono come l’aratro
che smuove la terra scura
prima della semina.
* * *
Mio padre è nato orfano
e mi rendo conto
che quando sono nato io
l’ho fatto diventare orfano di nuovo,
stavolta di se stesso.
Come può un padre senza padre?
Cosa può un padre senza padre?
Si sbriciola, svanisce nel nulla.
Si scioglie in polvere e vola via.
Ecco, io sono nato e cresciuto con questo padre senza sé,
questo padre vuoto come una matrioska
le cui compagne abbiano disertato.
E adesso, mi chiedo,
che sarà di te, figlia mia?