Giocare col fuoco #13
Padri, madri, libri e cerchi che si chiudono
Più di dieci anni fa, all’improvviso è venuto a mancare il padre di un caro amico. Qualche sera dopo mi chiama per invitarci a cena. Sono quasi le otto di sera, i negozi sono chiusi ma voglio portargli qualcosa. Vado istintivamente verso la libreria, tiro fuori la mia copia di La strada di Mc Carthy, butto giù una rapida dedica sul frontespizio e usciamo.
Passano anni, le nostre vite cambiano e poi cambiano ancora, scosse inevitabilmente dal progredire dell’esistenza, caotica e ingovernabile come ogni esistenza dovrebbe essere. Forse. Qualche tempo fa conosco la madre del mio amico, ossia la vedova. Passo del tempo a casa sua – rapporti molto essenziali, buongiorno e buonasera, siamo entrambi schivi e riservati. Fino a quando un mattino trovo il coraggio di chiederle di raccontarmi qualcosa della sua vita, che so dai racconti del figlio essere stata piuttosto movimentata. La donna acconsente, e mi conduce a visitare il solaio della vecchia casa, dove sono ancora conservati alcuni reperti della storia familiare. Il tutto dura una ventina di minuti, un disvelamento inaspettato, un aprirsi a un estraneo deliberato quanto stupefacente per una donna così riservata. Poi, il mattino prima della partenza, beviamo insieme un caffè nella cucina dalla cui portafinestra si accede a un meraviglioso terrazzo che sembra un trampolino da cui tuffarsi nelle colline che chiudono l’orizzonte e nella verde valle sottostante. Parliamo brevemente di libri, scambiamo qualche opinione sulle rispettive letture, ci consigliamo vicendevolmente qualche titolo. Finito il caffè decido di andare in paese prima di partire per regalarle una copia del Colibrì – c’è un tabaccaio che vende anche qualche libro. Vado, acquisto e torno.
Quando rientro in casa, la donna sta scendendo la scala che porta ai piani superiori. Ha le braccia dietro la schiena, nasconde qualcosa. Esattamente come me. Torniamo in cucina e le porgo il mio regalo. Allora lei scoppia a ridere e fa lo stesso, consegnandomi un libro preso dalla sua libreria personale. Ci salutiamo. Parto. Per tutto il viaggio non faccio che ripensare all’accaduto. Al libro regalato al mio amico, alla madre che fa lo stesso con me anni dopo. Un cerchio che si chiude. A volte accade.
E in questa mia quinta festa del papà, una giornata che mi lascia sempre alle prese con una gioia a metà, con una punta acuminata di amarezza affondata nei fianchi, saluto l’uomo che ero, il mio braccio che si è disteso verso lo scaffale ad afferrare quel libro, saluto quell’uomo e quel padre che non ho mai conosciuto, saluto i nostri cuori, doloranti e tumefatti, che nascondono ferite inguaribili che ne marchiano a fuoco l’ordito. Saluto il mio amico e sua madre, la terrazza e le colline, e i cerchi che si chiudono all’improvviso dopo essersi aperti molti anni prima.
Quest’estate ho comprato un’altra copia di La strada, ma giace intoccata sulla libreria. La mia non potrebbe essere in mani migliori.