Sono qui, mi vedete?
Ieri sera nel giardinetto esterno della pizzeria
dei bambini giocavano a nascondino.
Tra questi ce n’era uno, il più piccolo,
che si nascondeva sempre nello stesso posto,
cioè sotto il tavolo accanto al mio,
da dove poteva facilmente esser visto
da chi era sotto in quel momento.
Ma lui non dava neanche il tempo
a chi era sotto di cercarlo
perché non appena questo apriva gli occhi dopo la conta,
lui balzava fuori dal suo nascondiglio,
si metteva in piedi accanto al tavolo
e con un sorriso smagliante ripeteva:
“Eccomi, sono qui. Sono qui. Mi vedi?”
Ha fatto così praticamente per tutta la serata.
Per un attimo ho pensato di spiegargli
che l’obiettivo del gioco
è di non farsi trovare.
Poi ci ho pensato su e ho lasciato stare.
Ho capito che ha ragione lui.
Chi non vorrebbe, nel bel mezzo della tempesta,
saltare fuori e mettersi a gridare:
“Ehi, sono qui!
Sono qui, mi vedete?”
***
C’è un bel vento qui la sera
che prende d’infilata
il viale che conduce al mare
e agita le fronde delle palme.
La luna è quasi piena,
io penso al mio amico B.
Al fatto che ci si abitua
a volere sempre la stessa cosa,
solitamente quella che abbiamo già perso.
Non si ha più il coraggio
di cambiare.
***
Lettera al padre
Ti ho visto prendere a calci
il rivestimento in finto legno
delle scale della casa della nonna.
Ti ho visto sforzarti di sorridere
al temibile cospetto di una torta di compleanno –
il tuo sterno piatto stretto in un maglione a collo alto
di colore chiaro con dei rombi sul petto.
Ti ho visto passare la serata sulla Settimana Enigmistica,
con una matita, una gomma e il volume dell’enciclopedia accanto a te,
sul tavolo.
Ti ho sentito pisciare nel bagnetto,
ascoltando da dietro la porta il tonfo dell’urina nell’acqua –
sognando di poter fare anch’io, un giorno, lo stesso rumore.
Non ti ho mai visto piangere.
Io so farlo,
e ciononostante penso che sia nella natura delle cose
che un figlio debba sempre sentirsi inferiore al padre,
anche quando entrambi giacciono inermi,
schiacciati dallo stesso tallone.