Giocare col fuoco 010122
Cari amici,
mentre scrivo qui a Milano c’è un cielo blu che, mi convinco, annuncia una primavera di vita all’aria aperta e di occasioni di incontri. Il nuovo anno ha preso a muoversi alla stessa velocità indistinguibile degli ultimi ventiquattro mesi — velocissimo? lentissimo? immobile eppur sfuggevole?
Nella newsletter di oggi provo a mettere in file alcune delle cose che hanno occupato i miei pensieri negli ultimi tempi. Ve le incollo qui, una dietro l’altra. Buona lettura.
I MIEI SEI TITOLI DEL 2021
Innanzitutto, non sono usciti tutti nel 2021, ovviamente. Poche parole per ogni titolo, che per me sono da acquistare a occhi chiusi.
Cettina Caliò, Di tu in noi (Nave di Teseo)
Raramente ho trovato un’espressione così luminosa e vitale di un dolore feroce e in grado di coprire ogni cosa. È una grande lezione quella che ci regala Caliò, non solo di scrittura (equilibrio formale, lampi improvvisi, una lingua cocciuta, che non intende mollare la presa, decisa a indagare ogni minimo movimento interno o esterno fino alle soglie dello sfinimento, tutto un danzare sul baratro prima di gettarvisi per vedere l’effetto che fa), ma di vita: guardarsi intorno, ammirare le macerie visibili e invisibili, resistere al crollo, sentirsi vivi e ancora più toccati dall’esistenza. Che resta tale, cioè l’esistenza continua a esistere, sembra un birignao ma è l’unica cosa che ci è dato sapere, qui.
Jesmyn Ward, Sotto la falce (NN, trad. Gaja Cenciarelli)
Un cazzotto nello stomaco, uno squarcio su un mondo che noi bianchi (e uomini) possiamo solo annusare da lontano. Fino a quando non arriva una scrittrice così, ti prende per un braccio e ti porta in quel buco nero in cui l’eredità, il sangue, il retaggio storico, culturale, familiare plasmano ogni singolo secondo della tua stessa vita e delle persone che ti stanno intorno. Per il New York Magazine è uno dei libri del secolo.
Cees Nooteboom, Cerchi infiniti – viaggi in Giappone (Iperborea, trad. Laura Pignatti)
Ho scoperto Nooteboom, autore di romanzi, saggio, libri di viaggio e raccolte poetiche, con colpevole ritardo con Addio, raccolta di poesie sempre per Iperborea. Poi ho letto Luce ovunque, tutte le sue poesie pubblicate da Einaudi. E ho proseguito con questo. E credo andrò avanti con tutto il resto della sua produzione. Mio consiglio: sceglietene uno a caso e partite da lì.
Barry Lopez, Attraverso spazi aperti (Black Coffee, trad. Sara Reggiani)
Io ne voglio ancora e ancora di libri come questo. In cui l’uomo e la sua esperienza esistenziale viene spogliata da tutto il ciarpame che ci portiamo addosso e prova a ristabilire una connessione con il paesaggio e la parte più profonda di sé. Fa parte della collana This Land di Black Coffee, io ho dovuto sceglierne uno ma tutti i titoli sono di grande interesse.
Flannery O’Connor, Un brav’uomo è difficile da trovare (minimum fax, trad. Gaja Cenciarelli)
Minimum Fax propone una nuova traduzione dei dieci racconti qui contenuti e già pubblicati secoli fa da Bompiani nella traduzione di Marisa Caramella e Ida Omboni). In queste storie e in questi personaggi è racchiusa tutta la visione del mondo della O’Connor e tutta la sua forza di scrittrice realistica e visionaria al tempo stesso. Non c’è pietà, non c’è salvezza, non c’è riparo. Per citare il reverendo Casy di Furore: “There’s no right or wrong, there's just what people do”.
John Steinbeck, Diario di bordo dal Mare di Cortez (trad. Roberta Martignon, Bompiani)
Il nostro alle prese con un viaggio scientifico: si imbarca per il Mare di Cortez, nella California meridionale, per raccogliere e studiare invertebrati e pesci che ne popolano le acque. Il suo compagno d’avventura è il biologo marino Ed Ricketts, alla cui descrizione sono dedicate le divertentissime pagine iniziali, la cui figura comparirà poi tra i personaggi di Vicolo Cannery (1945).
MUSICHE DA ASCOLTARE
Nick Cave e Warren Ellis, La Panthère des Neiges (Original Sountrack)
Nuova colonna sonora per il nostro inossidabile duo, questa volta alle prese con il primo lungometraggio di Marie Amiguet, che ha seguito la ricerca del leopardo delle nevi condotta dal fotografo Vincent Munier e dallo scrittore Sylvain Tesson. Il documentario è stato presentato a Cannes nella nuova sezione Cinema for the Climate, il cui titolo dice già tutto. La colonna sonora è, secondo lo standard Cave Ellis, toccante e inquietante, con spunti melodici improvvisi che aprono il cuore (Les Cerfs, La grotte). Sintetizzatori, suoni venuti da chissà dove, alcuni tocchi cristallini di pianoforte, il violino di Ellis che sembra infilarsi tra la carne e le ossa. E la voce di Cave, che ogni tanto fa capolino, scura, scura, scura come sempre, eppure piena di luce e di vita. Io lo sto ascoltando a ripetizione, come un calmante, in questi giorni di salite ripidissime, crolli a strapiombo e di quando in quando un altopiano, dove respirare per qualche ora. Si ascolta qui.
Peteris Vasks
Mi imbatto in questo nome nella lettura del bellissimo libro di Jan Brokken, L’anima delle città (trad. Claudia Cozzi, Iperborea) e ne vengo incuriosito. Come ci racconta Brokken, Vasks è un compositore lituano la cui musica è animata da due tematiche principali: una profonda religiosità e l’aspirazione alla libertà politica. Questo perché all’inizio della Seconda guerra mondiale, le attuali Repubbliche baltiche vengono inglobate nella Russia comunista, privando quei popoli sia della profonda religiosità cui si erano sempre aggrappati, sia della libertà politica. In seguito all’annessione all’URSS, la forte comunità di lingua tedesca, i baltici tedeschi — circa 80.000 persone — come anche gli ebrei e qualsiasialtro elemento definito “anti-sovietico”, furono deportati nei gulag e nei “cosiddetti insediamenti” speciali in Siberia. La religione venne cancellata, le chiese riconvertite ad altri usi. E se si ascoltano le composizioni di Peteris Vasks, sembra di sentire l’eco della Storia, le ferite imposte ai popoli e ai luoghi, in un’alternanza di momenti più rabbiosi e vibranti e di aperture liriche di grande intensità. Potete approcciare la sua musica partendo da Distant Light.
Il nuovo singolo di Grant Lee Phillips
S’intitola Cruel Trick il nuovo singolo dalla voce indimenticabile dei Grant Lee Buffalo. Da decenni ormai impegnato in una carriera solista più che dignitosa, torna con un nuovo singolo, dall’attacco chiaramente Beatlesiano, un brano disteso e sognante non privo di strappi improvvisi. Si ascolta qui.
PERCORSI AMERICANI ONLINE
Infine, sono ben felice di annunciarvi che i miei Percorsi Americano tornano anche online, dal 17/2, di giovedì, dalle ore 20 alle 22. Giovedì prossimo, 20 gennaio, terrò una lezione aperta per presentare titoli, autori e temi trattati in questa nuova serie. Per partecipare alla lezione aperta basta inviare una mail a info @ fabrizio-coppola .net
Il corso seguirà la falsariga di quello in presenza che sto tenendo da Germi, qui a Milano. Info, titoli e date li trovate a questo link:
E infine, incollo qui con piacere il resoconto dell’ultima lezione tenuta da Germi, forse una delle serate più belle da quando ho iniziato a tenere questi corsi.
DOROTHY ALLISON, LA BASTARDA DELLA CAROLINA
Ieri sera per il terzo appuntamento dei Percorsi Americani da Germi abbiamo affrontato il poderoso romanzo della Allison. E siamo partiti dalla fine, da quella postfazione in cui l’autrice spiega perché allora ha scelto di nascondere la propria vicenda dietro un romanzo e non affrontarla apertamente in un memoir (cosa che poi ha fatto con Due o tre cose che so di sicuro). Perché in quel modo, nascosta dalle identità fittizie dei personaggi, la vicenda avrebbe potuto essere svelata con più precisione, senza remore di ferire i sentimenti delle persone reali che le avevano vissuto, e perché come tutti ormai dovrebbero sapere un tocco di fiction è ciò che può rendere più vera del vero una storia reale.
E da lì siamo partiti per analizzare questo romanzo che a me è sempre sembrato un regalo che l’autrice ha fatto a tutti i lettori, ossia la possibilità di gettare lo sguardo, protetti dalle identità dei personaggi, negli angoli scuri che ognuno di noi porta dentro di sé. Vivere una vicenda familiare dolorosa e apparentemente insensata come questa dalle pagine di un romanzo, ci conduce a chiederci cosa avremmo fatto noi in quelle date condizioni, come avremmo reagito a quei fatti. Un romanzo che ha diversi livelli di lettura: il primo, ovvero i fatti, i singoli episodi che uno dopo l’altro vanno a comporre la storia di Bone, la piccola protagonista, vittima suo malgrado dell’eredità del clan dei Boatwright. Il secondo, i personaggi, con le loro storie personali e il modo in cui hanno reagito a ciò che la vita gli ha messo nel piatto. Il terzo: l’attività onirica di Bone, i sogni che ne testimoniano l’evoluzione psicologica a mano a mano che la vicenda procede. Il quarto: il contesto sociale e ambientale.
E come accade spesso nelle nostre serate, dopo aver analizzato la vicenda alla luce di quanto sopra, ci siamo spinti a chiederci perché questi personaggi si comportano così, da cosa sono animati, quali forze scure o luminose si agitano nei loro petti. Da dove deriva la fame di amore e di attenzione della madre di Bone? Cos’ha davvero nel cuore lo zio Earle, che sembra un tipo a posto e tratta Bone sempre con grande cura, anche se inanella tradimenti su tradimenti e di quando in quando finisce in galera perché è un alcolizzato violento? La zia Ruth, sempre in bilico tra il cinismo necessario per sopravvivere e la capacità di comprendere o di intuire il dolore della piccola nipote – è l’unica che riesce quasi a farle confessare ciò che subisce da papà Glen. Zia Alma, che vede in ogni sua gravidanza la dimostrazione del desiderio che il marito prova per lei, la conferma della propria bellezza, e che va letteralmente in pezzi quando l’uomo si rifiuta di “darle un altro figlio” dopo la morte dell’ultima nata: “Non lo farei neanche mettendoti un sacco sulla testa”. Zia Raylene, forse il personaggio più stabile ed equilibrato, che trova la sua pace però ritirandosi dal consesso umano, di fatto, e soprattutto in quanto non eterosessuale può salvarsi dal destino cui tutte le donne del clan sono condannate dai loro uomini. E poi Papà Glen. Rampollo di una famiglia benestante di cui non riuscirà mai a conquistare la fiducia. La sua continua ricerca dell’amore paterno, che non otterrà mai. La possibilità di costruirsi qualcosa di suo sposando Anne Boatwright che si infrange quando lei partorisce morto il figlio che aspettava da lui e non può più restare incinta. La sua attrazione morbosa e delirante per Bone: da cosa è innescata, abbiamo provato a chiederci insieme. E qui abbiamo potuto anche godere delle riflessioni di una delle nuove iscritte, psicologa e sessuologa, che ci ha spiegato che secondo lei Glen non è uno stupratore spinto dalla pulsione erotica ma un sex offender, cioè una persona che usa il sesso per ferire gli altri. Insomma, abbiamo affondato mani e braccia nella materia viva di questo testo.
E non abbiamo potuto fare a meno di mettere in relazione La bastarda della Carolina con Sotto la falce di Jesmyn Ward, chiedendoci in cosa le due vicende sono simili e in cosa differiscono. Domandandoci come sia possibile che le relazioni personali appaiano ingabbiate negli stessi schemi patologici sebbene tra le due vicende passino almeno cinquant’anni e siano ambientate la prima in una comunità di bianchi poveri – white trash – e l’altra in una comunità di colore nel Mississippi.
Rileggendolo per l’ennesima volta per prepararmi alla lezione, un pensiero si è fatto largo tra le tante riflessioni: questo romanzo è un’occasione per riflettere sulla qualità dei legami e delle relazioni che stabiliamo con le altre persone. Ed è, come ho già detto, un regalo, un regalo che l’autrice ha fatto prima di tutto a se stessa, riuscendo attraverso la forza del suo talento e della sua urgenza di scrivere a prendere la propria storia, dargli un senso e offrirla al pubblico. Salvando in questo modo se stessa, e salvando un po’ anche noi, che accogliamo il suo dono con gratitudine immensa.
Tutti i lavori di Dorothy Allison sono pubblicati da Minimum Fax.
Infine, domani (14:30-15:30) torna l’appuntamento domenicale con Giocare col fuoco su Radio Popolare. Dopo lo Speciale Nanetti del 26/12, una puntata specialissima tutta dedicata ai bambini, domani cominciamo l’anno col botto, ma non voglio anticiparvi nulla. Per riascoltare le vecchie puntate e la diretta cliccate qui.
E direi che anche per stavolta è tutto. Come al solito, per proposte, suggerimenti, richieste, lamentele e proteste potete rispondere direttamente qui
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