E se gli alberi sono alberi anche a terra
Percorsi Americani 2023/24, i prossimi concerti, un microracconto, una notizia, un disco, un libro, un film
Care e cari, innanzitutto partiamo dagli appuntamenti di novembre, che sono tre.
Sarà un piacere enorme tornare al Tambourine di Seregno, locale storico della scena indipendente, dove ho suonato un sacco di volte e ho visto decine di concerti. Ci tornerò con il mio Heartland, che sto portando in giro sempre con una certa emozione.
Così come è una bella soddisfazione essere stato invitato a far parte del programma di BookCity 2023 – e se non conoscete la biblioteca di Rozzano approfittatene perché è bellissima: una vecchia cascina con i suoi due corpi di fabbrica, totalmente ristrutturati, in mezzo a un bel parco. Uno di quei posti che quando ti ci ritrovi, ti dici: “Ce ne vorrebbero di più di posti come questo.” Qui farò un concerto/reading in solo con ampio spazio alle letture da Heartland.
L’ultimo appuntamento del mese è con Giocare col fuoco live, sempre da Germi, questa volta dedicato al capolavoro acustico di Springsteen. Ve lo suonerò, vi illustrerò le storie e i retroscena dei personaggi contenuti nel disco, che è il più letterario della produzione del nostro, e vi racconterò il contesto sociale e politico in cui è nato e in cui è stato pubblicato. Qui vi faccio solo un accenno: Nebraska fu pubblicato dalla CBS il 30 settembre del 1982. Il 26 gennaio di quello stesso anno Ronald Reagan aveva tenuto il suo secondo discorso presidenziale sullo stato della nazione (lo State of the Union Address), nel quale aveva illustrato le misure messe in campo per risollevare l’economia dopo anni di una crisi durissima: meno tasse, tagli al welfare, meno spesa pubblica. E si salvi chi può, aggiungo io. Nel video integrale del discorso, che vi posto qui sotto, alle spalle del presidente si intravede il suo vice: George H.W. Bush, che sarebbe diventato il 41° presidente degli Stati Uniti, nonché padre di presidente, quando George W. venne eletto nel 2001.
Percorsi Americani 2023/24
L’anno del pensiero magico, Joan Didion - 4/12 online, 5/12 dal vivo
Luce d’agosto, William Faulkner - 29 e 30/1
Un brav’uomo è difficile da trovare, Flannery O’Connor - 26 e 27/2
Il lamento di Portnoy, Philip Roth - 25 e 26/3
Amatissima, Toni Morrison - 22 e 23/4
Olive Kitteridge, Elizabeth Strout - 20 e 21/5
Dieci dicembre, George Saunders - 17 e 18/6
Informazioni pratiche
Partiamo dalle info pratiche, per chi non ha mai partecipato. Gli incontri, online e dal vivo, hanno la durata di circa due ore. Nella prima parte presenterò l’opera, inquadrandola nel periodo storico e nel percorso artistico dell’autore, analizzandone stile, trama e gli elementi più significativi e mettendola in relazione ad altre opere attinenti – libri/film/dischi, ecc. Nella seconda parte darò la parola a voi, per sentire le vostre impressioni personali: è in questo momento che diventa evidente il senso dei miei Percorsi Americani: la condivisione, lo scambio, il confronto sono fin dalla prima edizione il vero sale che anima i nostri incontri e che in definitiva spinge le persone a partecipare – oltre, ovviamente, all’amore per la letteratura.
Il clima è assolutamente informale e disteso, e ogni anno all’interno del gruppo si formano amicizie e conoscenze che poi superano i confini del corso stesso. Ovviamente è consigliabile aver letto il libro, ma non ci sono regole tassative: la lettura del libro non è un “compito a casa” e nessuno vi “sgriderà” se non lo avrete letto tutto.
I titoli di quest’anno
Nell’Anno del pensiero magico, il suo lavoro più noto e più amato, Joan Didion si affida ai suoi strumenti di reporter per immergersi nel dolore derivante dalla scomparsa del marito, lo scrittore John Gregory Dunne, e condurre un’analisi sul senso della perdita. “L’anno del pensiero magico è un libro che ci racconta il modo in cui le persone cercano di trovare un senso all’insensatezza e come in qualche modo riescono ad andare avanti; un ritratto indelebile della perdita e del lutto” (Michiko Kakutani, The New York Times).
Luce d’agosto, William Faulkner. La moltiplicazione dei punti di vista, l’adozione di tecniche innovative come il flusso di coscienza e i salti temporali, la cura meticolosa del linguaggio e dello stile, hanno fatto di Faulkner uno dei grandi padri della letteratura americana. Vincitore del Nobel nel 1949 e del Pulitzer nel 1962, in questo romanzo l’autore sceglie invece “una lingua che sa di orale e antica semplicità per restituirci il senso di una narrazione epica, dove passato e presente, verità e menzogna, tragedia e commedia convivono… Non ci sono parole sufficienti per dare a Faulkner quel che è di Faulkner. Se mai esiste un paradiso dei lettori, di sicuro è Luce d’agosto” (Tommaso Pincio).
Un brav’uomo è difficile da trovare, di Flannery O’Connor. Capostipite di quello che sarebbe stato definito Gotico Sudista, l’autrice ci offre in questa raccolta di racconti una carrellata di personaggi tragici e comici al tempo stesso che prendono vita grazie a una scrittura tagliente e impietosa come poche altre. “Dal momento in cui si legge Flannery, non si è più in grado di vedere il mondo come prima” (Antonio Spadaro, Repubblica).
Il lamento di Portnoy, l’incredibile opera di Philip Roth che lo ha reso celebre, insieme a un corpus che non ha eguali nella storia della letteratura. Nevrotico, ossessionato dal sesso, dalla madre e dalla cultura ebraica da cui proviene, Portnoy alla fine non vorrebbe ottenere altro che una banale, ordinaria normalità. “Pagine intense e incisive, scene comiche e satiriche, linguaggio e immagini incredibilmente audaci… Una fetta indimenticabile di vita americana contemporanea” (Fernanda Pivano).
Amatissima, di Tony Morrison. Premio Pulitzer nel 1988 e Nobel nel 1993, l’autrice afroamericana ci dona un romanzo maestoso e di straordinaria intensità sulla schiavitù, l’amore materno, il peso e il senso della storia. “Amatissima è a prima vista un romanzo sul rapporto tra madre e figlia […] Capofila in una generazione di testi femminili contemporanei, affronta questo rapporto nell’ottica della madre, svelando le pulsioni più profonde, distruttive a autodistruttive di una maternità che le circostanze rendono estrema, e forse per questo rappresentativa” (dalla prefazione di Alessandro Portelli).
Olive Kitteridge, di Elizabeth Strout. Siamo a Crosby, nel Maine, un piccolo villaggio affacciato sull’Atlantico. Qui un’insegnante in pensione, Olive Kitteridge, sembra conoscere ogni segreto nascosto nei cuori degli abitanti della piccola comunità e le loro storie, che costituiscono un affresco profondo, sfaccettato e impietosamente onesto della condizione umana. “Olive Kitteridge sembra destinato a raccogliere la stessa popolarità di romanzi leggendari come Via col vento di Margaret Mitchell, Il vecchio e il mare di Hemingway, Furore di Steinbeck e Amatissima di Tony Morrison” (Alessandra Farkas, Corriere della Sera).
Dieci di dicembre, George Saunders. Autore di romanzi, raccolte di racconti e saggi, Saunders è riconosciuto come una delle voci più influenti della narattiva americana contemporanea. Secondo Jennifer Egan, in questa raccolta di racconti “Saunders si dimostra più sovversivo, spassoso ed emotivamente penetrante che mai. Pochi scrittori possono coprire una simile gamma di aggettivi, ma Saunders è un talento davvero unico”.
Il parere dei corsisti
Ho chiesto ad alcuni partecipanti degli anni scorsi di mandarmi due righe sulla loro esperienza, da condividere con voi. Per quanto ben più lunghi di “due righe”, i messaggi che ho ricevuto trasudano un tale entusiasmo che ho deciso di postarli qui integralmente, con infiniti ringraziamenti a Stefania, Massimo, Francesca e Roberta.
Oltre al piacere della lettura, della scoperta e riscoperta di autori classici e contemporanei, oltre agli sguardi sulla complessità del pianeta America, oltre alla piacevolezza e dedizione con cui Fabrizio ci accompagna, c’è per me il valore aggiunto della condivisione, è come leggere ogni volta più libri in uno, tanti quanti sono gli sguardi dei partecipanti. Un gran bel viaggio. (Stefania)
Parto da una lunga considerazione preliminare: la maggiore difficoltà nell’affrontare un percorso letterario con un gruppo di persone, oltre all’imprescindibile conoscenza dei testi e della cultura a cui questi testi attingono, è quella di trovare il giusto equilibrio tra la propria voce e quella degli altri. Se si esagera da un lato, il pericolo non è tanto quello trasformare il tutto in una lezione frontale, cosa che può anche essere interessante, ma di ergersi a dispensatori di verità; se invece si eccede dall’altro, si rischia di trasformare la conversazione in un guazzabuglio di opinioni che inevitabilmente fanno deragliare l’incontro dai binari narrativi su cui si vorrebbe procedere. Un testo, infatti, può essere affrontato da molte prospettive, alcune più vicine alla nostra visione del mondo, altre più distanti, altre ancora più complesse che richiedono particolari competenze. (Detto tra noi, forse per il mio percorso accademico, io trovo produttivo un approccio “formalista” e rigetto biografismo e psicologismo).
Nei suoi Percorsi Americani, Fabrizio, oltre a essere fine conoscitore della letteratura e della cultura americana, è capace di trovare questo equilibrio; guida la conversazione dando voce a tutti i partecipanti e indirizzandola dove ritiene più opportuno. La cornice narrativa che abbraccia i testi funziona in tal senso (nel semestre in cui io ho partecipato online il tema era quello del “viaggio”). Riesce a coinvolgere anche i lettori più ritrosi, cosa difficile da fare, tanto più online, ed è capace di ascoltare.
Avendo insegnato per anni letteratura, ritengo che ogni incontro, a prescindere dall’ambito in cui è tenuto, debba essere caratterizzato da tre elementi: i partecipanti devono trovare intellettualmente stimolante il gruppo di lavoro, a partire dall’“insegnante”; devono sentirsi a loro agio nell’esprimere il proprio punto di vista, qualunque esso sia; al termine della lezione devono aver maturato la consapevolezza che ogni testo ben scritto si presta a molteplici letture, e tutte queste letture contribuiscono ad arricchire la sua visione del mondo. Con Fabrizio ho riscontrato tutto questo e sono sicuro di ripetere la stessa esperienza nei prossimi Percorsi (Massimo).
“Percorsi Americani” ha risvegliato in me una prepotente fame di letteratura, è un’esperienza personale e letteraria che non si può assolutamente perdere. Fabrizio, mettendo ognuno a proprio agio, ci guida con passione e pazienza attraverso l’’America scritta facendoci esplorare i capolavori del passato e le opere più recenti della letteratura americana. Si procede tra le parole a zig zag, con escursioni in avanti, ritorni improvvisi, scarti di lato, sopra e sotto, permettendoci di esplorare la vasta gamma di opere letterarie senza sentirci inadeguati e senza avere paura di non essere “abbastanza”. Ogni serata è diversa e unica; io credo che sia liberatorio e curioso leggere, commentare e confrontarsi su opere note e meno note con un gruppo di sconosciuti appassionati e curiosi. È un’opportunità unica per ampliare la propria conoscenza letteraria e scoprire o rileggere i romanzi americani.
Quello che mi ha legato di più al corso di Fabrizio è la ricerca delle connessioni e dei significati nascosti delle parole – credo che contribuisca a raggiungere un livello di profondità e comprensione dei libri scelti che rende il corso molto coinvolgente. Invito caldamente chiunque sia interessato alla letteratura americana o a scoprire nuovi mondi e connessioni a frequentare i Percorsi Americani di Fabrizio perché esplorare un mondo letterario così vasto e ricco di sfumature, guidati da un esperto appassionato come lui, non vi capiterà tutti i giorni. (Francesca)
Ogni incontro di Percorsi Americani è stato una rara occasione di bellezza. Mi hanno permesso di incontrare e reincontrare libri straordinari. In un momento in cui scelgo di tacere, lasciare che i libri parlino e starli ad ascoltare è salvifico. Lasciare che lo facciano fra le braccia accoglienti di chi ci mette competenza, compostezza e rara passione è puro ossigeno. Sì, per me è ogni volta riprendere fiato, anche quando quello che leggi fa male, soprattutto quando significa lasciarsi ferire dalla crudezza, dalla consapevolezza che tutto va a puttane. In fondo si tratta di tenere viva una qualche forma di speranza, sfondare la superficie, scegliere l’altra parte della barricata, rispettare le parole, il loro senso e la musica che fanno; entrare nelle storie e permettere che ci rivelino in tutta la nostra nudità; non scorrere velocemente, ma fermarsi e annusare, sorridere, reimparare il confronto e lo scambio. Ho incontrato (purtroppo solo su zoom) persone incredibili, da cui ho imparato moltissimo, si trattasse anche solo di come si stavano immaginando quella luna lì mentre io mi ostinavo a guardare il dito. Ci sarò perché mi piace avere appuntamenti per fare quello che mi piace e delle volte la vita va presa per il bavero, presa e portata fuori, a bere qualcosa di buono. (Roberta)
Dove, come, quando e quanto
Gli incontri online si terranno online, su Zoom, il lunedì dalle 19:30.
Gli incontri dal vivo, il martedì, sempre dalle 19:30. Quest’anno la nostra casa sarà Un locale palco / cucina, Piazza Napoli 30/2, qui a Milano.
Il costo: i Percorsi Americani giungono quest’anno alla quinta edizione, e il costo non è mai variato. Ogni appuntamento, online o dal vivo, costa 15 euro; l’intero corso costa 100 euro. La cifra è piuttosto contenuta, per scelta: sono assolutamente consapevole del valore del mio lavoro, ma credo che la cultura – come l’arte in genere e le occasioni di confronto – debba essere sempre economicamente accessibile: solo così può rappresentare uno dei pilastri di una società giusta. La prenotazione è obbligatoria.
Sweet Dreams
Oltre a questo, mi piacerebbe portare i miei Percorsi Americani anche nei luoghi di lavoro, quindi se sei un imprenditore illuminato e vuoi offrire ai tuoi dipendenti/collaboratori l’esperienza di un gruppo di lettura, contattami che studierò una proposta ad hoc sulle tue esigenze specifiche.
Poi, se ci sono dei librai all’ascolto che apprezzano il progetto e vogliono ospitarlo, sarei molto lieto di portarlo anche fuori città.
E infine, come più volte annunciato, nel 2024 vorrei davvero riuscire a proporvi anche un minipercorso di poesia, magari un corso breve di tre appuntamenti, giusto per iniziare, che di poesia a mio parere ne abbiamo sempre più bisogno.
Un’ultimissima cosa: storicamente, i partecipanti al mio corso sono per l’80% donne. Cosa che mi va benissimo, tra l’altro. Però ecco, uomini là fuori, forza, non abbiate paura, la letteratura non vi mangerà (non sempre, perlomeno).
Quando sento questi discorsi mi vengono i brividi
L’altro giorno stavo accompagnando mia figlia dal dentista – un lungo percorso in tram, sul 10, da Piazza XXIV maggio fino a Via Procaccini. Su quella linea circolano le vecchie vetture della serie 1500, panche in legno e lampade in vetro decorato appese al soffitto, e già questo basta al piacere del viaggio. A un certo punto vedo un uomo anziano in piedi e gli faccio cenno di venire a sedersi al mio posto. Allungo un braccio verso di lui per aiutarlo perché in quel momento il tram affronta una curva. Lui afferra la mia mano, me la stringe – una stretta sicura, pulita. Poi si siede, mi sorride e mi ringrazia. Qualche istante dopo si rivolge a mia figlia:
“Mi sa che io e te insieme facciamo cento anni,” le dice.
Giorgia gli sorride ma non risponde.
“Quanti ani hai tu?” la incalza lui.
“Sette e mezzo.”
“Ah, vedi che avevo ragione: io ne ho novantadue, quindi io e te insieme facciamo quasi cento anni.”
“A dicembre ne fa otto,” aggiungo io.
“E io a gennaio ne faccio novantatré.”
“Caspita. Quindi lei è del…”
“1931, 13 gennaio del 1931.”
“Deve averne viste di cose…”
“Già. Di belle e di brutte.”
“Era un ragazzo durante la guerra…”
“Sì. Pensi che la nostra casa è stata distrutta durante i bombardamenti. Mio padre e i miei fratelli eravamo già sfollati a Moncucco, sa dov’è?”
“Sì, direi di sì.”
“Moncucco di Vernate, verso Pavia. Siamo rimasti lì tre anni. Ci siamo rimboccati le maniche e ci siamo dati da fare. Poi siamo tornati a Milano e abbiamo ricominciato la nostra vita.”
A Moncucco vive la mia compagna. Prima di conoscere lei, non sapevo neanche che esistesse. E oggi incontro in tram una persona che mi racconta questa storia.
“E adesso quando sento questi discorsi mi vengono i brividi, sa?”
Capisco che si sta riferendo alle guerre in corso. “Immagino,” gli dico.
“Chi ha vissuto la guerra ne ha orrore. Chi non ne sa nulla ne parla con leggerezza, come se fosse una cosa normale. Ma non lo è.”
L’uomo scende qualche minuto dopo in Piazza Gramsci. Ci salutiamo, gli faccio gli auguri per il prossimo compleanno e lo guardo scendere a fatica i gradini. Poi le porte si richiudono e il tram riprende la sua corsa.
Notizie / libri / dischi / film
Notizie. Il colosso dell’estrazione e del commercio dei diamanti DeBeers ha sottoscritto un accordo con National Union of Mineworkers (NUM) che rappresenta i lavoratori dell’azienda in Sudafrica. L’accordo prevede un aumento che sarà del 7% nel 2023 e del 6% nei quattro anni seguenti. Grazie a questo accordo la paga base mensile toccherà il corrispettivo di 954,30 dollari escluse le indennità, secondo quanto dichiarato da un portavoce dell’azienda.
La notizia originale qui (in inglese) e qui il sito dell’azienda, così per farvi un’idea.
Libri. Frank Westerman, Noi, umani, trad. Elisabetta Svaluto Moreolo, Iperborea, 338 pp, 18,50 euro. Dalla quarta di copertina: “Dopo anni di viaggi e ricerche, intervistando esperti, leggendo diari dimenticati e testi scientifici, fino a partecipare a scavi e farsi mappare il genoma, Frank Westerman racconta delle nostre origini e di chi le ha studiate, favole avventurose di pionieri, autodidatti, luminari di una scienza forse troppo umana, ma non per questo meno importante e grandiosa.” Il mio parere: se vi interessano le nostre origini, capire in quale momento della storia abbiamo smesso di essere animali per trasformarci in esseri umani (sempre che questo salto lo abbiamo compiuto davvero…), se vi piacciono i saggi narrativi e una buona scrittura, allora questo libro fa per voi.
Dischi. Ben Harper, Winter is for Lovers, Anti, 2020. Ho scoperto da poco questo album strumentale del nostro, e da allora lo ascolto molto spesso. L’ho usato per accompagnare una lettura durante una puntata di Giocare col fuoco e lo ascolto con regolarità quando lavoro – in particolare ho scoperto che ha un influsso molto positivo sulla mia scrittura, e di conseguenza sul mio umore. Così ve lo consiglio, chissà, magari ha un effetto benefico anche su di voi. Lo trovate – O tempora, o mores! – su tutte le piattaforme di streaming, ovviamente.
Film. Io, capitano, Matteo Garrone. Da qualche tempo ho ripreso ad andare al cinema con regolarità, grazie anche a un abbonamento regalo. Tra i film che ho visto di recente, l’ultimo di Matteo Garrone. Sala quasi piena. Film doloroso. In diversi punti ho dovuto costringermi a non abbandonare la sala. L’opera in sé, dal punto di vista della scrittura, della narrazione, degli attori, della tecnica cinematografica è ineccepibile. La visione però ha fatto nascere in me alcune domande di carattere più generale. Provo ad elencarle. Questa gente che è venuta qui stasera a vedere questo film, me compreso, ha bisogno da un punto di vista politico di vedere questo film? Le persone che invece avrebbero un profondo bisogno (sempre politico) di vedere questo film lo vedranno? A cosa serve questo film? A solleticare la nostra autostima, a far calare il nostro senso di colpa? Tutte domande molto scomode per uno come me che ha sempre adottato uno sguardo politico in tutto quello che ha fatto, musica in primis. Quindi la domanda che mi sono posto riguarda anche me, come autore. E ne suscita altre: Ha ancora senso raccontare storie di questo tipo? Ha senso per gli autori? Ha senso per il pubblico? Ha senso per le persone di cui parlano queste opere? Non vorrei sembrare cinico, ho sempre odiato il cinismo, l’indifferenza, chi si astiene dicendo Tanto tutto va a rotoli, tutti sono uguali ecc. Ovviamente l’unica risposta sensata che mi sono dato è che se quest’opera ha suscitato in me tutta questa serie di considerazioni, allora ha fatto il suo dovere, ha centrato l’obiettivo, almeno nei riguardi dello spettatore che sono io.
I nervi a fior di pelle
“Voglio essere netto fin da subito, ogni tanto sapete che mi prende così: era da un bel po’ di tempo che aspettavo di sentire un disco puro e genuino come quello di Fabrizio Coppola, un qualcosa che avesse i nervi a fior di pelle, ma filtrati da una penna lirica e delicata.” Così Giuseppe Provenzano nella sua recensione di Heartland su Bloogfolk.
Acqua alta
Certe notti, quando non riesco a dormire immagino di aver vinto dieci milioni di euro e penso a tutte le persone che potrei aiutare con quei soldi – amici che hanno bisogno di una casa, di un'integrazione dello stipendio, di cure mediche che non possono affrontare, di un po' di tranquillità per loro e di possibilità per i figli. Poi allargo la visione e penso a una fondazione in cui far studiare bambini e ragazzi, per toglierli dalla strada e offrirgli una possibilità. Poi penso a cosa farei con la parte che terrei per me. Quando ho finito di fantasticare il sonno è ormai perduto, la sveglia sta per suonare, così mi alzo e mi faccio un caffè.
Vi lascio con una foto buffa, mi sembra il modo migliore per salutarci (di buffo c’è anche che la maglietta che indosso nello scatto vero, non nel manifesto, la indossavo nella foto sulla copertina di Una vita nuova, a.d. 2005).
Per chi vorrà, ci vediamo in giro.
Fate i bravi, e se non è possibile fate attenzione.
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